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Pop Story - Piove Autista

Piove, autista!

Qualche giorno fa a Milano è venuta giù tanta di quella pioggia, ma tanta di quella pioggia, che la voglia era quella di tornare sotto le coperte e rimandare qualsiasi impegno al giorno dopo.
Invece sono uscita come al solito di casa e, come ogni settimana, ho fatto lo slalom tra le bancarelle del mercato sotto casa per raggiungere la fermata dell’autobus che mi porta al lavoro.
E lo slalom tra gli ombrelli e i teloni delle bancarelle carichi d’acqua può essere un’esperienza davvero formativa. Dopo i miei 10 minuti di attesa, l’autobus è arrivato. Piega e strizza l’ombrello, poi sali.

Tragitto normale, cosa ci sarà da raccontare? Gente pigiata, odore di pioggia e di dentifricio vario, nella migliore delle ipotesi. 

Poi una fermata come tutte le altre. Una signora senza ombrello che corre per salire a bordo. L’autista che probabilmente non la vede arrivare, non l’aspetta, riparte e si ferma pochi metri più avanti, al semaforo rosso. Ed è qui che la donna ricomincia a correre, arriva alla porta davanti, quella proprio di fronte all’autista e si  mette a bussare forte sul vetro.
L’autista si volta, la guarda e le fa segno di non poter aprire, perchè non è più in fermata e non è autorizzato.
La donna bussa ancora, bussa più forte.
L’autista ribadisce di non poter aprire e la ignora. 
Dall’autobus qualche voce che gli chiede di aprire, ma niente di più

Solo che la donna non ci sta.

Si mette davanti all’autobus e aspetta. In mezzo alla strada, anzi, in mezzo a un incrocio, alle ore 9 di una mattina milanese di ordinaria follia. Con la pioggia che aumenta, senza ombrello, con un impermeabile che ormai è così zuppo che non serve più a nulla.
Si mette davanti all’autobus e non si muove.

Sul mezzo comincia la guerra. C’è chi dice che la donna è una pazza e che si deve togliere dai coglioni. C’è chi dice che l’autista è uno stronzo e che dovrebbe aprire. C’è chi dice che questa storia di non poter aprire le porte non sta in piedi e che quando arriva correndo una ragazza carina, le viene sempre aperto. C’è chi dice che in realtà l’autista non ha aperto alla donna quanto l’autobus era ancora in fermata e che quindi adesso non può guardare troppo per il sottile. E poi c’è chi dice che vuole scendere, che non vuole restare chiuso sull’autobus e che se l’autista non apre le porte è sequestro di persona.
E a quel punto l’autista urla: “No che non posso farla scendere, le ho detto che non posso aprire le porte fuori fermata!” Non fa una piega, in effetti.

Io non faccio e non dico nulla. In realtà mi viene molto da ridere. Questo piccolo pezzo di mondo che si scalda, si indigna, si arrabbia, si annoia, si schiera mi affascina e mi diverte.
E penso a quella donna sotto la pioggia, tanto che mi verrebbe voglia di scendere davvero e di andare ad abbracciarla. Perchè comincio a immaginare alla sua vita, che probabilmente è esattamente uguale alla mia, tante sono le offese, le delusioni, le amarezze, le ingiustizie. E lo so che poi arriva una mattina in cui non si può neanche sopportare un autobus che ti lascia a terra, facendo finta che tu non esista.

Poi un signore è arrivato, le ha offerto un ombrello, si è messo a parlare con lei e l’ha convinta a spostarsi e l’autobus è ripartito.
Io sono arrivata al lavoro con venti minuti di ritardo, ma non è stato grave.
Piuttosto io e i miei colleghi siamo stati convocati in riunione e ci sono stati comunicati i provvedimenti economici presi per contenere le difficoltà finanziarie dell’azienda. E avrei tanto voluto avere il coraggio di uscire sotto la pioggia e mettermi davanti all’autobus. Solo che non l’ho fatto. 
Chissà, forse deve proprio arrivare la mattina giusta per ognuno di noi.


Photo by Zach Reiner on Unsplash

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