Leggere “Extraterrestre alla pari” di Bianca Pitzorno e non pensare al saggio “Dalla parte delle bambine” di Elena Gianini Belotti è praticamente impossibile.
I due libri rappresentano una riflessione innovativa e rivoluzionaria sul ruolo dell’educazione nello stereotipo di genere sotto il quale si definiscono molte delle differenze tra maschi e femmine.
Nel 1973, Elena Gianini Belotti spiega in modo molto chiaro come la maggior parte dei comportamenti che si considerano naturalmente legati al genere maschile e a quello femminile sono in realtà figli di un condizionamento. Un condizionamento talmente radicato nel nostro tessuto sociale e culturale che inizia già nella fase della gestazione, si genera con le aspettative dei genitori e si alimenta con i processi educativi con cui il mondo degli adulti assolve o condanna i comportamenti dei bambini, applicando regole e valori differenti, in relazione al genere.
In questo meccanismo, sono le bambine ad essere svantaggiate: a loro vengono imposti giochi che confermano il loro ruolo domestico, volto all’accudimento e alla protezione della famiglia. Per loro vengono considerati inopportuni comportamenti che esprimono la volontà di aprirsi al mondo esterno, perché il coraggio, l’intraprendenza e l’avventura sono qualità incoraggiate solo nei maschi.
Soltanto 5 anni dopo l’uscita del saggio “Dalla parte delle bambine”, Bianca Pitzorno propone il suo romanzo “Extraterrestre alla pari”, un capolavoro di grazia e di intelligenza con cui denuncia il modo con cui la società in cui viviamo consideri normale applicare metodi educativi differenti per maschi e femmine, creando una condizione di profondo svantaggio per le bambine.
Per rendere evidente questa situazione e mostrarne tutta la sua gravità, Bianca Pitzorno si avvale di un storia di fantascienza, genere che più di ogni altro permette di spostare il punto di vista, modificare il contesto e far emergere le piccole e grandi incongruenze in cui viviamo immersi e di cui, proprio per questo, non ci accorgiamo.
Ecco che l’arrivo sulla Terra di un giovane extraterrestre proveniente dal pianeta Daneb, crea scompiglio: su Daneb, infatti, nessuno presta attenzione al genere dei bambini, anzi nessuno conosce quale sia il loro genere – neanche i diretti interessati – fino a quando non raggiungono la piena maturità sessuale.
Il ragazzino, o la ragazzina, si presenta semplicemente come Mo e non sa di essere un maschio o una femmina, ma soprattutto non capisce per quale motivo questo sia un problema per la famiglia terrestre che si è offerta di accoglierlo, in adesione ad un programma di scambio culturale tra i pianeti.
Per gli abitanti di Deneb, i bambini crescono liberamente secondo la propria indole e non vengono indirizzati verso giochi femminili o maschili, né tanto meno vengono giudicati diversamente nei comportamenti a seconda del loro genere. Eppure sulla Terra non è così e questo può essere molto pericoloso: può generare infelicità, perché impedisce alle bambine di affermare la propria identità e la propria vocazione.